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solitudine

Qualche giorno fa ho letto un articolo riguardante il suicidio di un ragazzino di 14 anni, avvenuto negli Stati Uniti. Notizia di per se’ tragica, ma purtroppo comune a tante altre. La sua peculiarità, che ne motiva la pubblicazione, è il fatto che l’adolescente pare si sia innamorato di un chatbot, entità tecnologica gestita da un’intelligenza artificiale, che l’abbia indotto a commettere il gesto estremo. Un po’ come ci innamorassimo di qualcuno via whatsapp, e questo qualcuno non fosse umano, bensì un programma sofisticato, un software. La cosa non mi ha stupito e non scrivo per condannare o giustificare l’ennesima applicazione della cosiddetta intelligenza artificiale. Quello che mi ha colpito è stato il comportamento dei genitori, i quali hanno citato in giudizio i gestori di questo chatbot, accusandoli di aver istigato il figlio a togliersi la vita.

Mi ha colpito questo comportamento umano.

Noi tutti siamo consapevoli di quanto la tecnologia stia cambiando le nostre vite a ritmi sempre più serrati, ma l’uomo è sempre lo stesso. Da milioni di anni. Se pensiamo alla nostra quotidianità e la rapportiamo al passato, facendo un saltino di un decennio soltanto, ci vengono i brividi per quanto sia diversa.

Ora, immaginiamo di essere in un ospedale o in una struttura a contatto con persone che soffrono; e facciamo un salto nel passato, anche un balzo. Cosa cambia? Praticamente nulla.

Alla solitudine, all’abbandono non c’è pillola che tenga.

Quante persone anziane aspettano di tornare a casa ignare che i figli, oltre a fregarsene di loro, gli hanno venduto la casa? Quanti ragazzini avrebbero bisogno solo di un gesto di affetto, solo di parlare…e non importa che siano i genitori a farlo, non importa nemmeno che sia un essere umano a farlo.

Mi fa venire i brividi.

E’ facile dare la colpa a qualcuno, a qualcosa meglio. Questo è il comportamento umano a cui mi riferisco. Trovare scuse per ricacciare la propria pochezza sotto il tappeto, per non fare i conti con le proprie sconfitte, per farci, addirittura, dei soldi.

Vero, comunicare è difficile, dare è difficile, soprattutto quando non hai nulla. Da dare.

Vita

In questi giorni mi sono ritrovato a riflettere sul pensiero di un autore di inizio 900, Georg Simmel. È un pensiero semplice, di grande impatto e purtroppo di monito in luce agli eventi attuali.

Secondo Simmel, la vita è il principio del divenire. Tutto ciò che è presente nel mondo è prodotto dalla vita. La vita è un fluire dinamico inarrestabile, ma non è un flusso indistinto, non è cambiamento e basta; la vita produce forme che contengono la vita stessa e ne definiscono i contorni. E queste forme a loro volta hanno una natura dinamica.

Nel momento che queste forme perdono il contatto con la dimensione del flusso, si irrigidiscono e uccidono la vita che portano in sé.

Ad esempio per Simmel le Istituzioni, gli Stati sono delle vere e proprie forme perché danno delle leggi alla vita umana, ma se queste leggi perdono contatto con la vita e continuano ad imporre regole superate allora è evidente che la vita smette di essere tale.

Leggendo l’articolo di Vito Mancuso su ”La Stampa” di oggi dove definisce la pace come un atteggiamento interiore ho immaginato il nesso: per volere la pace, bisogna pensare e vivere in un certo modo. Dando forma al mondo nel suo divenire con il confronto, con il dialogo, senza mai dimenticare che la vita è l’unico vero dono che abbiamo ricevuto e come tale dobbiamo difenderlo e rispettarlo. E questo vale per tutti.

Libertà

Cosa deve fare l’uomo? Deve sentire la voce della ragione. La voce della ragione è in grado di imporre la scelta giusta, come fosse una regola oggettiva, necessaria, universale.

Questo lo diceva Immanuel Kant nella Critica della Ragion Pratica. Questa è la legge morale, secondo lui. Si proprio il grande filosofo, mio incubo al liceo nelle interrogazioni di filosofia. Adesso, dopo decenni, inizio a capirlo e apprezzarlo. Del resto per interiorizzare certi concetti c’è bisogno di vita alle spalle.

Siamo nel 700, in piena epoca illuminista, ecco spiegato l’elogio della ragione e dell’antropocentrismo, vale a dire la posizione dell’uomo, in quanto essere pensante, al centro del mondo.

Ma qual è il punto che mi porta a una riflessione? Il punto è che obbedire a questa legge morale per Kant è libertà; ci libera dai nostri istinti, dai nostri gusti, dal condizionamento dell’altro. 

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