Mi manca la voglia di vivere. Questo ho sentito dire da una ragazzina. Carina, con tutti i requisiti, pensando banalmente, per far girare la testa ad un suo coetaneo. Eppure lo ha detto, e mi si è gelato il sangue, per il modo: c’era rassegnazione, come fosse un dato di fatto. Punto. Non voglio entrare in una questione spinosissima e delicata. Non voglio chiedermi il perchè. Ma riflettere sulla superficie. Come siamo abituati a fidarci di una impressione distratta, svogliata, fatta di pochissimi elementi, per pesare le persone che ci capitano vicino. Lo facciamo di continuo, dicono gli psicologi, non possiamo fare altrimenti. E di come, basandoci su questo, vediamo il mondo, o meglio non lo vediamo, commettendo l’errore, questo sì, di scambiare il non visibile come il non esistente. Il tormento di questa ragazzina, se non avesse detto quelle parole, non lo avrei notato, e chissà quante storie mi sono passate sotto il naso, sotto il mio radar. Storie che avrebbero cambiato il mio modo di vivere. D’istinto l’avrei abbracciata, in silenzio, per farle sentire un po’ di calore umano e per ringraziarla di avermi fatto fermare a riflettere di come la superficie è fredda. Il caldo è in profondità, sotto le coperte.
E forse avrebbe sorriso.